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«Mi sono spesso sentita come un panda allo zoo. Unica donna in cda di peso. E quando mamma è mancata ero davvero giovane ma ho pensato “posso, devo farcela”. Ed eccomi qui, 25 anni dopo il mio inizio in azienda, nel settembre 1997». Lavinia Biagiotti Cigna, bella come una delle sue modelle in passerella, guida e controlla al 100% la maison di famiglia, Biagiotti Group, di cui è presidente e ceo: «Oltre cento milioni di euro il giro d’affari con l’indotto delle licenze e abbiamo appena rivisto le stime di crescita in sù: +12%». Un posto nell’advisory board Unicredit, esperienze come consigliere di Camera della Moda e Pitti Immagine.
Era il 1988 quando Laura Biagiotti sfilò, per prima, in Cina. Cosa ricorda? «Quando mamma Laura arrivò a Pechino, tutti la chiamavano Mr Biagiotti. Ero piccola mi portò con lei nell’ex Celeste impero, per lei era anche una questione di scambio culturale. Modelle cinesi hanno indossato le nostre creazioni, prima casa di moda italiana a sfilare in Cina. E gli invitati si moltiplicarono: gli inviti erano stati spezzettati, alla lettera, tra più famiglie».
E il New York Times titolò «The Queen of cachemire». Che piani per la Cina, adesso? «Di tornare con un nuovo piano retail in Asia, proprio in Cina... Mamma aprì nel ‘90 il primo negozio a Pechino».
Lavinia Biagiotti Nel ‘95 l’ingresso al Grande Teatro del Cremlino: prima casa di moda a sfilare a Mosca. «E negli anni mamma ha organizzato qui, nel castello-quartier generale della maison , anche defilé per ospiti speciali come la signora Gromyko».
Adesso la Russia evoca sanzioni, caro energia che mette in ginocchio al filiera. Preoccupata? «La filiera della moda è fatta di tante piccolissime aziende dove un aumento del 7, 8% del costo dell’energia fa una grande differenza, è insostenibile. A noi, alle case di moda, tutto questo arriva moltiplicato: il rincaro di chi fa i tessuti, di chi fa i bottoni, le tinture. Senza contare la difficoltà di approvvigionarsi di materie prime in tempi complessi. Noi produciamo da sempre tutto qui, in Lazio, 70 i dipendenti e un indotto di occupati solo in Italia di un migliaio di persone».
Quartier generale al castello Marco Simone, Roma, lontano da Milano cuore della moda, perché? «Quando acquistò il maniero, nel 1978, mamma restò incinta e non volendosi rassegnare alle babysitter decise che lì avrebbe fatto casa e bottega. Mi sedevo al grande tavolo per i compiti, mentre attorno si creavano abiti, moda. L’azienda è stata fondata da nonna Delia che disegnò le prime divise Alitalia, in quel colore carta da zucchero ora ripreso anche da Ita. E tutta la creatività è sempre nata qui, sul territorio, un processo che ho accentuato scegliendo di lavorare con una filiera produttiva a chilometro zero per una questione di sostenibilità. Scelta che nel lockdown si è rivelata strategica: non abbiamo dovuto fermarci mai, abbiamo potuto continuare a produrre».
Dove e cosa producete a km zero? «Il territorio anche se non è strutturato nei classici distretti, offre molti laboratori per la confezione soprattutto, la maglieria la realizziamo in parte in Lazio e in parte in Umbria, dove c’è una forte specializzazione».
Imprenditrice e stilista. «Mio padre Gianni, che scomparve prematuramente, seguiva la parte finanziaria dell’azienda, quando nel 2017, giovanissima, ho dovuto prendere le redini ho dovuto gestire tutto».
Mai stata tentata di vendere? «Negli anni ho ascoltato tutte le offerte, poi ho pensato di potercela fare, con il supporto di istituti finanziari. Adesso con un atto di mecenatismo che unisce le risorse del gruppo Biagiotti e di Intesa Sanpaolo, sarà finanziato il restauro della Fontana della Dea Roma in Campidoglio, dove ha appena sfilato la collezione primavera-estate 2023. Un modo per ristabilire una solida connessione col territorio. E grazie alla collaborazione con Intesa Sanpaolo possiamo dare vita a un nuovo grande progetto di bellezza e sostenibilità. Non è il primo restauro, infatti abbiamo già riportato all’originale bellezza la Scala Cordonata del Campidoglio disegnata da Michelangelo e i Due Dioscuri che la custodiscono. Un modo per restituire al territorio, quell’energia della bellezza di cui solo lavorando nella Città eterna si beneficia».
A proposito di finanza, il fashion ormai è finanza? E come chiuderà il 2022 di gruppo Biagiotti? «La Borsa con la borsa, potrei ironizzare. La finanza in questi anni si è avvicinata alla moda perché il settore esprime un valore importante. Abbiamo appena rivisto le nostre stime: il fatturato 2022 farà un balzo a due cifre intorno al 12% sull’anno precedente».
E dove andrete a investire? «Il mercato italiano, con quelli europei, tedesco soprattutto, restano il focus del nostro progetto d’impresa. Il futuro ci porta però a valutare con attenzione anche il mercato americano dove debutterà la collezione Laura Biagiotti Golf. Negli Usa siamo forti della riconoscibilità del nostro storico profumo “Roma”, prima con la multinazionale Procter&Gamble, che ha prodotto le fragranze Biagiotti fino al 2015, poi con il gruppo Angelini».
Moda e beauty. Come Chanel che ha poggiato il successo su due pilastri, abiti e profumi. È quello il modello? «E’ il modello francese di note maison che intendo percorrere con Angelini: ora il lancio di Forever Gold mentre stiamo preparando un lancio di fragranza inedito per il 2023. E poi...».
Poi? «Gli accessori, con nuovi progetti su una linea di borse e accessori. E il business dell’occhialeria con un accordo di licenza in esclusiva con Demenego per la produzione e distribuzione mondiale di occhiali da vista e da sole a marchio Laura Biagiotti della durata pluriennale (fino al 2024, ndr )».
Digitale? «Lavoriamo al canale digital, con un investimento per i prossimi tre anni tra il 6 e l’8% del fatturato, ma per il futuro bisogna anche guardare alle due dimensioni dei piaceri di lusso di domani: una più materiale espressa dagli abiti, l’altra più esperienziale. Così è nato il progetto del golf».
È vice presidente del Comitato Roma Expo 2030, e intanto la Ryder Cup si terrà nel 2023 nel golf al castello. «Per la prima volta questo importante evento sportivo, si terrà in Italia, qui al Marco Simone Golf & Country Club. È stato un investimento poderoso sin dal 2014, un “progetto Paese” visto che il castello è monumento nazionale. Moda e golf sono legati da comun denominatore: l’amore, l’investimento sul territorio».
Con quale ritorno? «Difficile dare una cifra, l’impatto stimato su Roma tra turismo e sport, sarà tra i 700 milioni e il miliardo di euro».
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