I big del lusso puntano al controllo verticale dell’occhialeria - MFFashion.com

2022-10-11 06:40:47 By : Mr. Jay Zhai

Da Lvmh a Kering, i big del lusso puntano al controllo verticale dell’occhialeria. Proprio questo mese, il colosso di Bernard Arnault ha integrato il 100% di Thélios, rilevando il restante 49% della joint-venture di eyewear fondata con Marcolin nel 2017 (vedere MFF dell'11 dicembre). «Il deal», ha fatto sapere la società, «rappresenta un'opportunità per Lvmh di rafforzare ulteriormente la sua presenza nel settore dell'occhialeria facendo leva sul savoir-faire italiano di Thélios». Il gigante che fa capo a François-Henri Pinault ha invece lanciato nel 2014 una società integrata verticalmente, Kering eyewear, che ha generato un fatturato di 487,1 milioni di euro lo scorso anno. Oltre a Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta e Boucheron, la company produce anche occhiali per brand nell’orbita di Richemont, come Cartier, Chloé e Alaïa, che ha una partecipazione del 30% in Kering eyewear. Ma non finisce qui. In autunno Kering, che punta a diventare leader del settore, ha acquisito il marchio danese di occhiali Lindberg, noto per le montature in acciaio ultra leggere (vedere MFF del 30 settembre).

A oggi il comparto è ancora dominato da player come EssilorLuxottica e Safilo, ma gradualmente i colossi luxury stanno incrementando la produzione in-house sia per approfittare dei margini che per controllare direttamente il design, la produzione e la distribuzione, al fine preservare la coerenza dei marchi. «Le ragioni di questo interesse sono molteplici, e sono sia di natura economica che socio-culturale», ha spiegato a MFF Armando Branchini, strategic advisor EY fashion, luxury and retail practice. «Dal punto di vista economico, il settore è importante, è sempre stato ed è tuttora molto profittevole ed è cresciuto costantemente negli ultimi vent’anni e lo farà anche in futuro (prevediamo un tasso composto medio annuo di crescita del 5% tra 2021 e 2025). E, infine, il ruolo del brand è diventato negli anni determinante nei segmenti medio-alti e alti».

Dal punto di vista socio-culturale, ha proseguito l’esperto, gli occhiali sono assolutamente allineati al cosiddetto «Millennials mindset»: non più prodotti a prezzo di entrata per la conquista di uno status sociale, ma prodotti utili a definire uno stile di vita in linea con gli interessi e le passioni attuali dei consumatori. A partire dagli anni Novanta i contratti di licenza tra etichetta del fashion&luxury e imprese specializzate nel settore dell’occhialeria si sono moltiplicate, e tuttora aumentano. In parallelo, negli ultimi anni i conglomerati che controllano una pluralità di brand hanno invece ritenuto di sviluppare un nuovo approccio della loro strategia d’impresa, passando dal ruolo semi-passivo del licenziante a quello molto più attivo del produttore diretto e distributore di occhialeria.

Un adv di occhiali a marchio Gucci, controllato da Kering eyewear

«L’obiettivo del controllo della catena del valore e del controllo totale dell’identità e del marketing, insieme alla capacità acquisita negli anni di gestire la supply chain, sono le ragioni che hanno reso possibile questo nuovo modello di business», ha detto Branchini. Solo i conglomerati che controllano una pluralità di griffe hanno però la «massa critica» necessaria per ottenere i migliori risultati da questo nuovo modello di business. «Per le imprese indipendenti il modello tradizionale del contratto di licenza sembra essere ancora preferibile. Semmai con le evoluzioni del caso», ha concluso l’esperto. (riproduzione riservata)

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